Canti e cunti nel nuovo CD di Alberto Tedesco

Lunedì 31 Ottobre, alle ore 21:30, presso “Lu Varrile”, a Montecalvo Irpino, viene presentato il CD “Canti e Cunti Montecalvesi Vol.1”, di Alberto Tedesco: un viaggio nei suoni e nelle leggende della civiltà arcaica contadina Montecalvese. L’autore tiene a precisare che le copie fisiche sono limitate; pertanto la diffusione avverrà attraverso le piattaforme digitali.
Ho avuto modo di apprezzare Alberto Tedesco in uno dei suoi concerti con i Fujenti, gruppo il cui stile fonde il jazz con la musica popolare, anche se, a dire il vero, in Alberto l’attaccamento, la passione e il sentimento per la musica di tradizione orale risalgono già a qualche anno fa. Durante l’esibizione del gruppo in questione, mi ha piacevolmente sorpreso la particolare interpretazione del canto “Inno alle Grazie”, che richiama alla mente “Madonna de la grazia”, brano della NCCP, portato alla ribalta già negli anni Settanta del secolo scorso, nonché l’esecuzione di alcuni vocalizzi a supporto del sassofonista Ettore Patrevita, secondo una pratica in uso nella musica jazz. Il termine tecnico per definizione è “scat”, e maestri di questo genere sono stati, tra i tanti, Dizzy Gillespie e il compianto Lucio Dalla dei primordi, mentre tra i contemporanei è da annoverare il foggiano Gege Telesforo. Questa breve disquisizione per dire che tali virtuosismi riescono se si ha una certa padronanza della voce ed è proprio questa ad essere protagonista della raccolta. Alberto ha, nel canto e nel racconto, il dono di una voce intensa ed ariosa, come se il suono arrivasse amplificato al nostro udito, possente e lieve nello stesso tempo; ha inoltre la capacità e la maestria di intuire cosa può emozionare. Riscontri evidenti già all’ascolto del brano di apertura del disco “Canto comunista”, in cui il suono – rumore in sottofondo è quello di una zappa nell’atto di dividere il terreno in zolle; una soluzione che, nell’insieme, crea magia ed atmosfera, e che probabilmente non sarebbe venuta in mente neanche a John Cage!
La raccolta, come si intuisce dal titolo, tratta di canti e “cunti” della tradizione orale di Montecalvo Irpino, un genere che rientra, a tutto tondo, nel campo dell’etnomusicologia. Si tratta di un’iniziativa esemplare ed ammirevole, di cui tanto l’appassionato quanto lo studioso troveranno senz’altro stimolante l’ascolto. La versione riproposta da Alberto si attiene fedelmente alla fonte da cui attinge, non vi sono in essa segni di edulcorazione o altre forme tendenti a spersonalizzare gli originali. Si tratta, perciò, di un evento culturale più unico che raro: non che prima non sia stato fatto niente in tal senso nella nostra piccola comunità (e con questo non intendo sminuire il lavoro di nessuno), ma in realtà, a parte la ricerca a cui Alberto si ispira, nel passato recente è stato più che altro ripreso il tratto folcloristico della tradizione canora. Precisiamo inoltre che l’interesse per tale lavoro è strettamente legato al rapporto che ciascuno di noi ha con il genere di cui sopra: o lo si ama svisceratamente o si ha per esso una sorta di repulsione, aspetto quest’ultimo indotto anche dalla cultura musicale che il mainstream propina alle nuove generazioni attraverso i media.

Francesco Cardinale

Marko Kravos in visita a Montecalvo Irpino

Domenica 11 maggio 2019, a Pesco Sannita nel consueto Festival Ethnoi (culture, linguaggi e minoranze), giunto quest’anno alla dodicesima edizione, tra gli eventi proposti era previsto un incontro con la poesia di Josip Osti, poeta nazionale sloveno, e Marko Kravos, poeta italo-sloveno. Marko Kravos è il figlio di Josip (Giuseppe) Kravos (S. Croce di Audissina 5 agosto 1909 – Trieste 13 aprile 1972), il quale, durante il periodo dei noti campi fascisti, venne arrestato il 5 settembre 1940 a Cagliari, fu trasferito nelle carceri di Trieste e successivamente venne “condannato” all’internamento sull’isola di San Domino (Tremiti) dove rimane dal 27 marzo 1941 al 7 gennaio 1942, quando, in seguito a una richiesta di trasferimento per motivi di salute (deperimento psicofisico) viene inviato nella località di internamento di Montecalvo Irpino, in provincia di Avellino. Ed è qui che, nel 1943 nasce Marko Kravos, importante poeta e scrittore. Approfittando dell’evento in programma a Pesco Sannita, Francesco Cardinale e Antonio Cardillo, Presidente e Vice Presidente dell’Associazione montecalvese Lomax & Carpitella, si sono adoperati affinché l’illustre concittadino nato a Montecalvo, ritornasse nel paese che gli aveva dato i natali, e dal quale mancava dall’età di tre anni, anche se nei primi anni novanta vi passò in maniera fugace ed anonima, senza, però, potersi soffermare a contemplare i luoghi cari della sua infanzia. Continue reading “Marko Kravos in visita a Montecalvo Irpino”

Il nostro archivio – Introduzione

La documentazione che compone  l’archivio Lomax & Carpitella ha iniziato a vedere la luce nel 2011, quando gli interessi comuni di alcuni amici si sono soffermati sulla necessità di indagare il passato della nostra comunità, con particolare attenzione ai suoni e ai canti della tradizione.
Con il presente archivio ci si è proposti  l’intento di offrire uno spaccato di un periodo temporale trascorso, troppo spesso, sottotraccia, alternativo alla già ricca documentazione ufficiale delle nostre piccole realtà territoriali. La Storia che cerchiamo di raccontare è rigorosamente frutto di indagine sul campo e ci piace definirla come la Storia della gente che non fa storia, quella del substrato sociale più umile, del contado rurale, della periferia, di tutte quelle fasce sociali vittime, nel tempo, di un esasperato ed ipocrita perbenismo e di una morale borghese inaccettabile.
Tra le varie motivazioni che ci hanno spinto in questo lavoro di ricerca, vi è senza dubbio, anche il desiderio di fornire strumenti utili alle nuove generazioni affinché fossero spinte a proiettarsi, per quanto possibile, nella dimensione quotidiana del vissuto dei nostri antenati, prima che l’avvento massiccio dei mezzi di comunicazione ne cambiasse radicalmente le abitudini.
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Culture materiali ed immateriali

“La lingua può essere considerata, obiettivamente, più bella, più elegante,
più corretta e meglio costruita del dialetto?
La risposta è no.
Per il linguista non c’è alcuna differenza”
(G. Ruffino e R. Sottile – La ricchezza dei dialetti)

Il dialetto, inteso qui nella sua accezione più comune, è parte integrante della cultura di tradizione orale, ed è tutelato dall’UNESCO come Patrimonio immateriale dell’umanità. Per lo studioso, il dialetto è segno di appartenenza a una determinata comunità piuttosto che ad un’altra e delinea, dunque, l’identità storica di un territorio.
Il dialetto si è tramandato negli anni prevalentemente per via orale.
Nella cultura popolare è sinonimo di arretratezza, di passato, di qualcosa appartenente a culture emarginate, periferiche, subalterne. Spesso viene erroneamente associato al concetto di volgarità, ossia a qualcosa di cui non andar fieri.
Dall’unità d’Italia in poi, la cultura dominante ha spinto lentamente il dialetto all’emarginazione. Motivo per il quale si è avuta, nel tempo, la percezione che l’uso del dialetto fosse sinonimo di una condizione sociale di inferiorità.
Tale elemento lo abbiamo riscontrato personalmente durante i rilevamenti sul campo in questi ultimi anni.
Ogni qualvolta facevamo visita agli abitanti del nostro paese, in prevalenza anziani, per registrare i canti della tradizione, la gran parte di essi sembravano, in assoluta buona fede, prendere le distanze dai canti tipici del nostro paese per virare verso un repertorio all’apparenza più forbito, e con testi in larga parte in italiano, col risultato che venivano fuori canti che nulla avevano a che fare con la tradizione montecalvese, pur essendo assimilabili al filone dei canti popolari (Amor dammi quel fazzolettino, Mamma mia dammi cento lire e così via). Continue reading “Culture materiali ed immateriali”

La “Serenata montecalvese”

[1]La “serenata”, tra i canti montecalvesi, è senz’altro da ritenersi il tipo di composizione più noto; veniva eseguita in diverse circostanze, tra le quali la più frequente era in occasione di quel lungo cerimoniale che portava al matrimonio. Infatti era uso, qualche giorno prima del grande evento, “portare” la serenata alla futura sposa. Tale abitudine, seppur sporadicamente, si ripete ancor oggi. In tempi più remoti, giovani innamorati usavano il canto quale viatico per una dichiarazione d’amore; insieme ad amici, muniti di uno strumento musicale – di solito un organetto – si dirigevano alla casa dell’amata. La serenata veniva eseguita all’esterno dell’abitazione; quasi sempre una finestra o una porta separavano l’innamorato dalla fanciulla desiderata. Questo costume era tanto diffuso che in paese vi erano delle specialiste che, dietro compenso, scrivevano serenate personalizzate. A volte, per adattare lo schema alle circostanze e ai destinatari, se ne variavano la lunghezza e le parole, se non addirittura il motivo, dando così origine a una nuova composizione, e travalicando in tal modo l’obiettivo del mandato ricevuto; e cioè, quello di lanciare messaggi d’amore, e in alcuni casi anche di “sdegno”, qualora i sentimenti dell’innamorato non fossero corrisposti. Il canto è conosciuto in tutti i paesi mediterranei; a Montecalvo conserva la sua originalità, per cui si può affermare  che un fraseggio di tipo autoctono sia individuabile sin nell’attacco: “E so’ minutu da Napul’apposta pi ti purtane li suon’a tte.” Continue reading “La “Serenata montecalvese””

La tradizione del canto popolare rivive grazie alle musicassette registrate da Antonio Narra

MusicassettaAntonio Narra, un umile etnografo di Montecalvo e il suo notevole contributo per la ricerca etnomusicale.

Quando venni a sapere dell’esistenza, in contrada Corsano di Montecalvo Irpino, di alcune musicassette contenenti registrazioni di canti popolari effettuate nella seconda metà del secolo scorso da un certo Antonio Narra, fui assalito dalla stessa frenesia che coglie un archeologo davanti a un nuovo reperto. Prontamente, anche per stabilire un familiare clima di confidenza e fiducia attraverso un riferimento comune, presi contatto con un amico che ben conosceva la famiglia Narra, avendo con essa rapporti di parentela, e di lì a poco ci recammo sul posto. Trovammo ad accoglierci la signora Gina che, con affabile cortesia, ci descrisse sommariamente il contenuto delle audiocassette: “Mio padre registrava di tutto: la sera o nei giorni liberi ci riuniva in casa, e mentre lui suonava l’organetto noi cantavamo; spesso coinvolgeva anche persone del vicinato. Amava collezionare quanti più canti possibile”.
Ritornai sul posto qualche settimana dopo, per pregare la signora di prestarci i supporti al fine di consentirci di studiarne e digitalizzarne il contenuto. Ma ben presto ci accorgemmo che i nastri, a causa dell’usura, non erano più in buono stato. Alcuni erano recisi e tenuti insieme alla meglio con nastro adesivo, tanto da comprometterne il funzionamento; in altri, i lembi della parte tagliata fuoriuscivano dagli appositi spinotti e necessitavano di essere più accuratamente fissati. L’audio risultava spesso ovattato e in alcuni casi era appena udibile; inoltre un fastidioso fruscio disturbava l’ascolto. Occorreva un lavoro certosino ed un minimo di esperienza tecnica per recuperare quelle preziose testimonianze. Fin da subito, mentre operavo, mi resi conto che, al di là della insufficiente qualità audio, ciò che in realtà mi interessava, e cioè il contenuto documentale, era proprio quello che speravo di trovare: il vissuto di una comunità raccontata attraverso i canti popolari e la conferma che alcune composizioni, già da tempo presenti nel mio archivio seppur con trascurabili varianti, fossero realmente autoctone. Per la prima volta trovai anche composizioni eseguite con l’armonica a bocca; tale strumento da noi è detto sunetto. Gli strumenti della nostra tradizione, diversamente dall’entroterra napoletano, non sono molti: oltre al sunetto abbiamo l’organetto, che è lo strumento per eccellenza, detto poi ci sono la fisarmonica, il flauto di canna e le castagnette. Ben tre di questi strumenti sono presenti nelle registrazioni di Narra, oltre, ovviamente, a canti monodici e polivocali. Continue reading “La tradizione del canto popolare rivive grazie alle musicassette registrate da Antonio Narra”